May 14, 2020
E’ noto quanto Firenze sia dedita ancora oggi alla tradizione artigianale della pelletteria e alla produzione di borse.
Dove si lavora la materia prima? Oggi il distretto produttivo di pelle conciata al vegetale di alta qualità è concentrato nella provincia pisano-fiorentina di Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola. Una tradizione che negli anni dell’omologazione del gusto e della lavorazione, non teme confronti.
Il cuore di questo saper fare è nato proprio nel centro di Firenze, nel quartiere di Santa Croce, testimoniato ancora da via delle Conce e via dei Conciatori. A Firenze hanno infatti uno spazio di rilievo coloro che lavorano manualmente la pelletteria.
Il quartiere di Santa Croce, grazie alla sua posizione strategica vicina al fiume Arno, ha sempre ospitato sin dal tredicesimo secolo attività pellettiere come quelle delle concerie, le quali richiedevano una grossa quantità di acqua per il proprio lavoro. Le strade del quartiere mantengono il ricordo di queste antiche attività: Corso dei Tintori, Via Delle Conce, Via dei Conciatori, Canto delle Mosche, nome quest’ultimo attribuito a causa dei residui delle lavorazioni che attiravano questi fastidiosi insetti. Questa fu una delle ragioni, insieme ad altre motivazioni di carattere igienico, per le quali si decise di spostare queste attività fuori dal centro cittadino. Un esempio è appunto Santa Croce Sull’Arno, zona molto nota in tutta Europa per le sue concerie.
Toscana
La pelletteria è una tradizione artigianale, oggi il mondo della moda riconosce alla regione del centro Italia un ruolo di rilievo nel panorama internazionale per quanto riguarda la lavorazione della pelle e la produzione di calzature, borse ed accessori.Il distretto delle concerie al vegetale di alta qualità che oggi si trova tra Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola era un tempo rintracciabile anche a Firenze.. proprio in quella Santa Croce che lungo le rive dell'Arno offriva alle industrie grandi quantità di acqua corrente.
L'uomo primitivo si accorge che per proteggersi dal freddo poteva utilizzare la pelle degli animali che cacciava per nutrirsi. La pelle però in breve tempo si degrada a causa della putrefazione. Le pelli esposte al fumo dei fuochi duravano di più. Se poi veniva a contatto con l'acqua, rami e foglie, la coloravano e durava ancora di più tempo.
Curioso il fatto che l'artigianato che più regge l'urto dei mercati contemporanei si avvale di procedimenti di lavorazione rimasti invariati nei secoli, come l'uso della calce impiegata per depilare le pelli.
I Romani sfruttano la pelle per armature ed armamenti, gli Arabi preferiscono decorarla con ori e pietre. Solo il Rinascimento unisce la sapienza orientale alla praticità locale.
Firenze
La toponomastica porta alcuni esempi. Entriamo in via delle Conce e via dei Conciatori, già via di Mezzo, ma anche Corso dei Tintori e via dei Saponai nel rione di Santa Croce abitato un tempo da ceti umili di operai come gli antichi conciatori di pelletteria, ovvero stanzoni situati in angolo con via dei Conciatori. La concia prevedeva l'impiego dell'urina, da qui la collocazione presso le mura. Si dovrà poi attendere la seconda metà dell'800 per provvedere al risanamento di concerie e tintorie cittadine con la ristrutturazione degli impianti fognari.
La frase "Pecunia non olet" attribuita a Svetonio che ne riconosce la paternità a Vespasiano si lega al settore conciario. Il figlio di Vespasiano infatti, rimproverava la tassa sull'urina raccolta nelle latrine gestite dai privati, i "vespasiani", questo perché dall'urina si ricavava l'ammoniaca necessaria alla concia delle pelli.
La leggenda vede il figlio di Vespasiano lanciare alcune monete nei bagni, ed il padre raccoglierle senza farsi problemi proprio perché il denaro non ha odore.
Verso via San Giuseppe c'erano i Bucciai che trattavano le pelli più fini, verso via Ghibellina invece i Pelacani, addetti ad altro tipo di pelli. Come ricorda l'Enciclopedia Treccani "Il termine pelacani è usato per definire una persona volgare e di bassa condizione, o avida, spilorcia".
Le conce erano distribuite ai quattro cantoni dell'incrocio ciascuno stabile per una diversa fase di lavorazione. Secondo Bargellini e Guarnieri il distretto fiorentino ruotava sotto lo stemma mediceo di una delle cantonate. Negli anni '70 del '900 da queste parti c'era un deposito della nettezza urbana. Il Comune di Firenze ha venduto il bene all'asta nel 2010.